Oggi prendiamo in considerazione un altro aspetto fondamentale e senz'altro specifico della Medicina Omeopatica: il dosaggio dei "rimedi".
Il termine "rimedio", che usiamo per indicare i medicinali omeopatici, ci fa intuire che non ci troviamo di fronte a farmaci "classici", quelli che interagiscono con l'organismo seguendo le tradizionali leggi della biochimica e della fisica molecolare.
Si tratta invece di sostanze, di diretta derivazione naturale (provenienti da tutti e tre i regni della natura: vegetale, minerale ed animale), che vengono sottoposte ad un particolare "trattamento", con processi successivi di diluizione e "dinamizzazione" (mediante successioni).
In tal modo viene a determinarsi un decremento crescente della parte ponderale e, nel contempo, un incremento crescente della parte energetica, e quindi della "potenza", di queste sostanze (è chiaro che ciò che possiede meno materia e possiede più energia, ha più forza, più potenza: pensiamo, per esempio, a ciò che può provocare un ciclone rispetto ad un ippopotamo).
Il rimedio omeopatico acquista dunque il suo valore di potenza energetica, in base al suo grado di diluizione e dinamizzazione: quanto più è diluito e dinamizzato, tanto più sarà potente, cioè sarà capace di regolare in profondità aspetti funzionali sempre più complessi: da quelli localizzati a quelli generalizzati, da quelli morfologici ai funzionali, dai neuro-endocrini fino a quelli psico-emotivi e
mentali.
E', in pratica, l'esatto contrario di ciò che accade in Farmacologia classica, dove la potenza "chimica" del farmaco aumenta con l'aumentare della dose.
Aumentando il dosaggio di un farmaco, aumenta di fatto la sua capacità di inibire, di bloccare una determinata funzione biologica; il rischio che si corre, però, è quello di passare da una dose terapeutica ad una dose sub-tossica o francamente tossica ("è la dose che fa il veleno").
Negli ultimi anni, a dire il vero, si è andato sempre più diffondendo in Medicina l'utilizzo delle"low dose", cioè dei bassi dosaggi: si è infatti constatato che questi ultimi determinano una utile azione di stimolo sulle funzioni organiche, e nel contempo sono privi di importanti effetti collaterali: è questo il concetto di ormesi (dal greco ormao = stimolare): dunque piccole dosi tendono a stimolate le funzioni organiche ed alte dosi,spesso anche della stessa sostanza, tendono ad inibirle: fino a qui siamo nell'ambito della medicina classica
Ma ritorniamo all' Omeopatia:
perché è nata la necessità di diluire e dinamizzare i rimedi omeopatici?
Perchè i rimedi omeopatici devono essere "energetici", fino al punto da non contenere più molecole al loro interno, ma soltanto il loro specifico spettro elettromagnetico?
Per rispondere a queste domande, dobbiamo fare un passo indietro, e riprendere il concetto omeopatico di malattia, già esposto nel post precedente.
Nel nostro organismo, come in ogni manifestazione della natura, è insito un principio di autoregolazione, sempre attivo, che chiamiamo forza vitale, e che risponde alla finalità di preservare o recuperare l' equilibrio fisiologico specifico di ciascun individuo, come di ogni forma vivente.
Contemporaneamente sono presenti nell'organismo quelle che precedentemente ho definito forze energetiche fisiopatologiche (i miasmi di Hanemann), per lo più ereditate dai nostri antenati, ma che possono anche essere acquisite nel corso della nostra esistenza.
Queste forze energetiche "negative" potrebbero, nell'ipotesi per noi più favorevole, rimanere allo stato latente; spesso invece, per motivi interni o/e esterni all'organismo, prendono vigore e determinano la perdita del nostro equilibrio interno.
In questo caso la forza vitale cerca di fiaccare la forza dei miasmi provocando l'insorgere di una "malattia", localizzata dapprima nelle strutture più superficiali del corpo (pelle e mucose), allo scopo di determinare una liberazione del miasma verso l'esterno ( malattie dermatologiche, o/e delle mucose digestive,respiratorie,urinarie).
Successivamente, se il miasma è, o diventa più profondo, la forza vitale, non riuscendo più a portarlo verso l'esterno, magari perché precedenti tentativi in questo senso sono stati bloccati da un eccesso di terapie "soppressive" (vedi ad es. prolungate terapie cortisoniche o/e antibiotiche), cerca di "isolarlo" all'interno dell'organismo (ed ecco la comparsa di neoformazioni benigne quali verruche, cisti, polipi; lipomi, fibromi ecc.) o ancora, nei casi più gravi, è costretta ad agire in senso lesionale (ulcerazioni, necrosi, disordini immunitari, tumori maligni, tendenze "distruttive" anche a livello mentale).
Le interazioni tra la
forza vitale e le
forze energetiche fisiopatologiche, che determinano l'insorgenza delle malattie, sono
DI CARATTERE ENERGETICO, per cui una vera TERAPIA di riequilibrio dell'organismo, tale da potere assicurare una guarigione autentica, non può che essere essa stessa ENERGETICA.
Uno squilibrio energetico non si può riequilibrare che energicamente!
Nella prima metà dell'ottocento, il Dr. Samuel Hanemann capì molto bene tutto questo, e, con intuizione geniale, dapprima ideò e successivamente praticò con successo l'uso delle
diluizioni e dinamizzazioni infinitesimali: le potenze energetiche omeopatiche capaci di aiutare la forza vitale a ridurre la forza energetica negativa dei miasmi.
Nell'epoca della scoperta degli antibiotici e della fisica molecolare, è prevalso in Medicina l'uso dei farmaci di sintesi chimica, che indubbiamente hanno risolto molte patologie singolarmente considerate, ma che non sono stati in grado di interrompere quel circolo vizioso attivato dal nostro specifico terreno individuale all' interno dell' organismo, che se non disattivato, porta inevitabilmente alla ricomparsa, in forma spesso ingravescente, di patologie che si ritenevano definitivamente debellate, o di nuove patologie sempre più complesse e profonde.
Oggi, nell'epoca della fisica quantistica, le intuizioni e le scoperte di Hanemann, oltre ad aquisire piena dignità e valenza scientifica, sono considerate elementi costitutivi di primaria importanza nell'ambito della moderna Medicina Integrata.
Per ora mi fermo.
Come al solito è inutile ripetere che sono necessari ulteriori approfondimenti; spero tuttavia che un gradino per volta, e mi perdonerete se spesso con una prolungata sosta tra l'uno e l'altro gradino, riusciamo quanto meno ad afferrare quello che, a mio modesto avviso, è il vero senso, il "genio" della Medicina Omeopatica.
Saluti e salute a tutti!
P:S: un chiarimento di natura pratica: devo precisare che, in realtà, in Omeopatia esistono due tipi fondamentali di dosaggi: i
microdosaggi, compresi generalmente tra la 5CH e la 9CH, che corrispondono grosso modo alle "low dose" dell' Ormesi, ed i
dosaggi infinitesimali veri e propri, con gradi di potenza superiori al numero di Avogadro (cioè oltre la
12 CH): questi ultimi dosaggi, puramente
energetici, si distinguono a loro volta in alte ed altissime potenze: le potenze alte sono rivolte per lo più alla cura si sindromi organiche croniche e generalizzate; quelle altissime sono in grado di intervenire anche sullo psichismo della persona.
Alla prossima